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> La Famiglia E L'individuo
 
La lunga marcia
Inviato il: Domenica, 19-Ago-2007, 21:46
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Molti sociologi dopo Talcott Parsons hanno considerato la funzione della famiglia nei seguenti termini: primo, socializzazione da parte della famiglia del neonato; secondo, processi di stabilizzazione dell'adolescente e dell'adulto. Quando la famiglia e i suoi membri ancora bambini non devono essere considerati «anormali», questo indottrinamento bifase nella microcultura (la famiglia) ha successo nell'installare i valori e le norme comportamentali della macrocultura (il mondo extra-familiare). [...] E' tipico della società conformista che la rappresentazione da parte del padre di un ruolo sociale accettabile, abbia la priorità sulla sua presentazione di se stesso al bambino. Il genitore esteriorizza se stesso nel mondo, vuota la propria realtà soggettiva dentro una forma-oggetto di essere-nel-mondo, e quindi reinteriorizza questa oggettivazione.
Ma questa presenza che egli reinteriorizza è qualcosa che egli ha già perso; è, infatti, un'assenza che egli rappresenta nella famiglia. La struttura esistenziale del ruolo sociale rappresentato è, per prima cosa, essere-per-l'altro e quindi, in seconda istanza, essere-per-se-stessi. [...]
Quel che dobbiamo cercare di afferrare veramente è la nozione di autonomia di ciascun elemento della famiglia nella famiglia. Autonomia significa, per prima cosa, formulare una regola per se stessi, l'autoregolamento, e ciò implica un atto di rottura mediante il quale una persona infrange, liberandosene, un sistema che lo imprigiona; [...]
Quello che l'individuo deve fare per liberarsi è molto semplice e complesso allo stesso tempo: deve accettare in sé questa pazzesca massa di relazioni primitive, sopportare questa disturbante interiorizzazione fino al limite più estremo, e quindi superarla verso il suo proprio campo di possibilità.

D. Cooper, Psichiatria e antipsichiatria, Roma Armando Armando Editore, 1969


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Una psicologia, la quale non sia in grado di spiegare il sogno, non è utilizzabile neppure per la comprensione della vita psichica normale e non può pretendere di chiamarsi scienza (Sigmund Freud).
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wildchloee
Inviato il: Martedì, 21-Ago-2007, 22:03
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per fortuna che sono dottore in scienze della comunicazione: ci vuole la laurea per capire questo Cooper! mescola sociologia con psicologia con semiotica blink.gif

comunque: ho qualcosa da dire.
io non ho mai subito un imprigionamento in un sistema di regole vincolanti da parte della mia famiglia, giacchè la stessa era disgregata e di famiglie ne avevo dunque due.
il mio autoregolamento è stato quindi necessario ad evitare la più totale anarchia, visto che i miei genitori, nella loro fase di cieca follia, erano troppo impegnati a litigare furiosamente per preoccuparsi di me (fortuna che ho nonne e zii).
a volte sento ancora gli strascichi di questa crescita autoimposta: sono incapace di affrontare alcune situazioni elementari (vedi: telefonare ad un amico o chiamare la pizza) perchè non ne ho mai avuto esempi concreti da imitare; impiegavo tutte le mie energie a rendermi sorda e cieca e cretina per non sentire, non vedere, non capire.
talvolta vorrei che mia mamma, anche ora che sono adulta, m'imponesse qualcosa. nè mamma nè papà si azzardano a farlo, perchè sono grande. e perchè sono stata una figlia che rispondeva "vaffanculo" quando qualcosa non le andava bene.

spero di non essere andata fuori tema. direi che come "famiglia e individuo" ci siamo PSICO wink.png


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«meglio un cuore che piange di una mente che si difende»
(dovrei solo ripetermelo più spesso)
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La lunga marcia
Inviato il: Martedì, 21-Ago-2007, 22:36
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Non mi pare fuori tema smile.gif

Comunque, David Cooper (1931-1986) è nato a Città del capo. Trasferitosi a Londra dopo la laurea, ha diretto un'unità sperimentale per giovani schizofrenici.


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