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> Pensiero Ossessivo Alla Base Del Narcisismo
 
pber
Inviato il: Mercoledì, 04-Dic-2019, 18:09
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Fino a 51 anni sono stato narcisista, poi ho smesso di esserlo.
Un anno e mezzo dopo (ossia oggi) finalmente il passo successivo (spero l'ultimo): confessare ad altri (ossia me stesso e la mia compagna) il carattere profondamente ossessivo del mio pensiero.

Non smetti di "essere narcisista": ti rendi conto di esserlo, ti arrendi alla verità e così facendo permetti alla tua mente di normalizzarsi. Ci ho messo un anno e mezzo ed oggi quel modo di relazionarmi con la realtà e con le persone (il modo "narcisista") non mi appartiene più. Ho smesso di sentire quell'idea, in sottofondo: "ti compatisco, perché tu non sei fortunato come me".

Compativo tutti, perché nessuno era così fortunato da essere come me. Eppure ero (sostanzialmente) uno sfigato: cosa c'era da compatire gli altri? Semmai potevo solo compatire me stesso!
Eppure no: io sentivo di essere meglio di chiunque. Mostravo umiltà e dicevo di non valere poi così tanto, mi sminuivo. Eppure dentro di me sentivo che io avevo ogni qualità, gli altri erano sempre e solo falsi, superficiali, illusi, insomma: da compatire.

Detta così sembra pure buffa, la questione. Invece non lo è: vivere dentro a quel disturbo ti castra, ti impedisce di mostrarti e di metterti in gioco, ti fa comportare in un modo incoerente e ti fa essere molto spesso, troppo spesso, aggressivo, ma senza che gli altri possano capire la ragione della tua aggressività. Fallisci e la vita finisce per esser un inferno, non unìopportunità.
Così ho vissuto per 51 anni.

Poi, finalmente, ho ceduto. Non avevo più energia per sostenere l'auto-inganno narcisistico. Ho ammesso a me stesso che la ragione fondamentale del mio fallimento non dipendeva dagli altri e neppure dalla mia famiglia di origine. Dipendeva dal fatto che avevo giocato la mia vita con un ruolo inventato, che non mi spettava.

Mi sono capitati tre "miracoli". Il primo mi ha fatto capire che ero disturbato (dopo qualche settimana ho anche capito con certezza che si trattava di narcisismo cover).

Il secondo (dopo 11 mesi) è stato molto diverso. Sono riuscito a focalizzare il fatto che per tutta la vita (fino a quel giorno) io avevo trattenuto dentro di me il ricordo di mia mamma, ostile, stronza, aggressiva e totalmente incapace di empatia.
Ancora mi condizionava. Come? Avevo proiettato la sua pericolosità su tutto il genere umano. Chiunque io frequentassi lo temevo, avevo paura che potesse diventare, da un momento all'altro, pericoloso e violento come sapeva essere mia mamma.
Dopo quella nuova consapevolezza riuscivo a pensare a me stesso e agli altri in un modo molto più tranquillo, normale.

L'ultimo miracolo mi sta capitando in questi giorni.
In un anno e mezzo ho fatto un gran lavoro su me stesso. Ho smesso gran parte degli atteggiamenti di difesa e aggressività verso gli altri. Eppure mancava ancora qualcosa.

Il fatto strabiliante è che si trattava di un qualcosa che io sapevo da sempre: il mio pensiero è fortemente ossessivo.
Di quel fatto io mi sono sempre vergognato e l'ho sempre tenuto nascosto a tutti: amici, compagne, psicologi. Non l'ho mai voluto ammettere a nessuno. Però io lo sapevo che non andava bene.

Oggi finalmente ho compreso che DEVO assolutamente confessarlo. L'ho spiegato alla mia compagna, scoprendo che lei lo sapeva già, lo aveva già intuito che io tendo a pensare in modo ossessivo.

Le mie non sono ossessioni gravi, lo chiamerei vizio, piuttotsto che patologia. Ma la questione è che quel vizio non mi è mai stato possibile di superarlo e il motivo è dato dal fatto che lo tenevo segreto.

Io stesso non potevo superare quel vizio, perché solo comunicandolo sarei stato (come oggi sono) libero di vederlo da fuori me stesso. Io ero quel modo di pensare. Potevo dire a me stesso che lo usavo troppo spesso, che era inutile, che mi faceva perdere tempo e mi impediva di concentrarmi e di essere più efficiente mentalmente. Ma non potevo modificare quel modo di pensare. Funzionava in modo slegato dalla mia volontà, dal mio desiderio.

Oggi mi è chiaro che solo con un modo di pensare ossessivo io sono stato capace di inventare la realtà come facevo quando ero totalmente immerso nel disturbo narcisistico. Quel disturbo essenzialmente consisteva nella mia capacità di rifiutare la realtà per ciò che era e sostituirla con una realtà che io decidevo. Mi raccontavo un sacco di balle e sapevo che erano balle, ma subito dopo averle pensate quelle diventavano realtà, io le credevo vere.

Ci vuole una certa ossessività per mantenere in piedi quel carrozzone di idee distorte...

Non ho ancora chiaro l'intero catalogo di ossessività del mio pensiero.
La cosa più frequente è quella del dialogo inventato. Mi ritrovo ad immaginare un interlocutore (muto) che mi ascolta. Io gli insegno le cose. Mi capita di pensare una cosa e a quella cosa segue la sua verbalizzazione, una specie di trance in cui io ripeto per filo e per segno la rava e la fava di quella cosa a qualcuno. Spesso lo faccio non solo una volta, ma due o tre, una dietro l'altra.

Me lo spiego bene: fin da bambino ero solitario, dai 14 anni in poi ho sempre avuto amici, ma non dicevo mai tutto quello che pensavo. Me lo tenevo dentro. Anche vivendo con gli altri soffrivo di solitudine, anzi: era proprio stando con gli altri che avvertivo la solitudine. Invece quando ero da solo non sentivo la solitudine perché... parlavo di continuo a persone che non c'erano. Andava bene finché ero piccolo, ma quel vizio continuò per 50 anni...

Un'altra ossessione (o pessima abitudine mentale) è quella di risolvere i problemi inventando. Mi immagino che qualcosa succede e che risolve la situazione. Può durare uno o due minuti fino a cinque, dieci minuti. Smetto di vivere nel reale e placo l'ansia inventando qualcosa di plausibile, ma irreale.

Lo ripeto: finché tenevo segrete (agli altri) quelle mie modalità non ero in grado di gestirle. Mi accorgevo che c'ero finito dentro, valutavo che era una stronzata, ma non ero in grado di realizzare che ci finivo dentro di continuo, dozzine, centinaia di volte al giorno. Quella nozione la rimuovevo (allo stesso modo in cui, quando ero dentro al narcisismo, ero consapevole delle singole balle che mi raccontavo e raccontavo agli altri, ma rimuovevo la nozione di essere un "sistematico raccontatore di balle").

Non ho la più pallida idea di chi leggerà questo riassunto, né di cosa ne potrà trarre di buono.
Comunicare è meglio che non comunicare affatto.

A me non è andata così male, a voi auguro ogni bene, colleghi pazzoidi ed ex-pazzoidi.
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Sagittarius A
Inviato il: Giovedì, 05-Dic-2019, 20:16
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QUOTE (pber @ Mercoledì, 04-Dic-2019, 17:09)
Mi capita di pensare una cosa e a quella cosa segue la sua verbalizzazione, una specie di trance in cui io ripeto per filo e per segno la rava e la fava di quella cosa a qualcuno. Spesso lo faccio non solo una volta, ma due o tre, una dietro l'altra.



Un'altra ossessione (o pessima abitudine mentale) è quella di risolvere i problemi inventando. Mi immagino che qualcosa succede e che risolve la situazione. Può durare uno o due minuti fino a cinque, dieci minuti. Smetto di vivere nel reale e placo l'ansia inventando qualcosa di plausibile, ma irreale.


In questo, mi ritrovo nelle tue stesse condizoni
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pber
Inviato il: Giovedì, 05-Dic-2019, 21:06
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Ciao Sagittarius,
oggi ho fatto un esperimento. Mi sono ripromesso di sospendere ogni rimuginazione, durante la passeggiata pomeridiana di 45 minuti. In effetti non avevo la più pallida idea se ci sarei riuscito e, forse, ero pure più pessimista che ottimista.

Invece è stato sorprendente. Appena uscito di casa mi sono sorpreso a raccontarmi a parole cosa stavo per fare. Mi immaginavo di parlare al telefono con S, la mia innamorata, e di raccontarle che sono uscito di casa con l'intenzione di sospendere ogni rimuginazione... e l'ho fermata.

Lo avevo solo pensato, avevo pensato che gliene avrei parlato, la sera, per telefono. Ed ecco che immediatamente dopo stavo ripetendo a parole (ma non ad alta voce, almeno quello...) la medesima idea.

Ho continuato a camminare, pensando solo a ciò che vedevo, al freddo che sentivo. All'inizio i pensieri volevano essere descritti, raccontati. Evitare di farlo non era poi così difficile. Poi, un poco alla volta, quell'impulso ha iniziato ad essere meno frequente, ma non ha mai smesso. Dovevo sempre stare attento a non farlo. Non sempre ci riuscivo, però me ne accorgevo quasi subito e smettevo.

Devo dire che è stato bello. Rilassante e strano. Riuscire a tenere la testa sgombra, non di pensieri, ma della descrizione a parole dei pensieri, mi induceva a sentire molto vive le sensazioni. Faceva freddo, ma non ne ero infastidito, quando invece, di solito, mi dà noia.

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pber
Inviato il: Venerdì, 06-Dic-2019, 14:43
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Questi form non sono mai troppo frequentati. Capita di leggere messaggi scritti mesi o anni prima, da qualcuno che poi non ti risponde più perché nel frattempo ha smesso di seguire il forum.

A 14 anni (ossia nel 1981) scoprii che i computer sono il posto più bello dove trascorrere la vita. Studiare programmazione e scrivere programmi erano le cose che più amavo fare. Non lo sapevo ancora (lo avrei scoperto solo dopo 35 anni), ma lavorare coi computer (vivere DENTRO i computer) mi serviva per sentirmi qualcosa, perché come persona mi sentivo un nulla.
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pber
Inviato il: Venerdì, 06-Dic-2019, 18:58
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L'aspetto più invalidante del mio disturbo era lo stress causato dallo stare in relazione con le persone.
Ero pieno di paure e di senso di vergogna, mi sentivo perennemente inadeguato. Nonostante questo mi sforzavo di affrontare il lavoro, la relazione coi colleghi e i datori di lavoro. Però accumulavo enormi quantità di stress ed il vero problema era che non riuscivo a rendermene conto.
Quando il livello di stress superava la soglia critica scaricavo rabbia. E dato che non mi rendevo conto di quanto mi accadeva, ero portato ad individuare negli altri la causa della rabbia che provavo.
Come ogni narcisista: non era mai colpa mia. Ne ero sempre certo. Io sapevo che era vero.
Semplicemente distorcevo la realtà a mio beneficio.
Ero consapevole delle distorsioni della realtà che io stesso producevo? Si e no.
Nell'immediato ne ero consapevole, sapevo che raccontavo balle. Però, immediatamente dopo aver pensato l'ennesima balla, quella diventava realtà, verità.

Non è divertente vivere a quel modo. Per me non lo era affatto. Per 35 anni non ho fatto altro che fallire.
Un poco alla volta diventava ovvio che c'era qualcosa che non andava.
Però era il mio stesso disturbo, la mia capacità di manipolare la realtà, che mi impediva di "vedere" il mio disturbo. Sapevo che c'era qualcosa che non andava in me, non poteva essere sempre e solo colpa degli altri, ma io stesso censuravo la verità a me stesso.

Tutto questo riguarda il passato, perché da fine maggio 2018 iniziò un processo di normalizzazione, durante il quale ho acquisito consapevolezza delle mie modalità mentali.
Oggi è del tutto sparita l'idea di essere io "meglio di chiunque altro".
Un'idea irrazionale, folle, che però mi aveva accompagnato per decenni.

E dopo un anno e mezzo in cui non faccio praticamente altro che auto-analizzarmi, ecco che di punto in bianco salta fuori quella cognizione che ho sempre tenuta segreta al mondo, che non ho mai confessato a nessuno: il mio pensiero è caratterizzato da abitudini ossessive, perenni.

O meglio: lo era, perché oggi scopro di essere capace di controllarle e inibirle.
La meditazione non è un concetto nuovo per me. Già nel 1995 avevo provato a praticarla. Un pochino ci riuscivo, ma non completamente.
Oggi quello che faccio in continuazione è simile alla fullmindness: quando emerge un pensiero mi trattengo (quasi sempre) dalla tentazione di ripeterlo a parole.

Prima lo facevo di continuo. Non ero capace di pensare una cosa e dare luogo al comportamento idoneo, oppure ai pensieri ad essa collegati. Prima dovevo a tutti i costi ripetere i contenuti della cosa pensata in modo verbale, come se io stesso dovessi spiegare i miei pensieri a me stesso.

Perché avevo quell'abitudine? Non lo so. Forse perché sono sempre stato solo, perché anche in presenza di altre persone io ero immerso in un senso di solitudine. Forse quella perenne solitudine mi aveva fatto sviluppare (fin da piccolo) l'abitudine di inventare un compagno di viaggio.

Non lo so di preciso e neppure mi interessa approfondirlo, perché scopro che posso smettere quelle abitudini e scopro che smetterle mi permette di sentire e pensare meglio.



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pber
Inviato il: Sabato, 07-Dic-2019, 17:45
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Un'altra bella ossessione che avrei (ossia se non mi fossi rotto le balle di sopportarla e non avessi preso, finalmente, l'abitudine di sospenderla, non appena cerca di catturare la mia attenzione) è quella della musica.

Sicuramente è data dal fatto che per molti anni ho suonato il basso elettrico e ho sempre ascoltato musica. Spesso mi suonavo la musica nella testa. Musica ascoltata, musica nuova che mi inventavo in quel momento. Amavo la musica e pensavo spesso alla musica. piuttosto normale.

E' da molto che ho smesso di suonare. Non ero mai diventato bravo come volevo, quindi era una perdita di tempo e ho smesso.

Però non avevo smesso di suonare "con la testa".
Non è detto che la mia testa non sentisse e non senta "nostalgia" del basso. Magari un giorno ricomincio a suonarlo. Ma di sicuro non sono più disposto ad assecondare l'abitudine di suonare musica in testa solo e soltanto perché essa mi è venuta in mente.

E' degradante soprendere sé stessi a ripetere all'infinito le musichine idiote degli spot pubblicitari.
Ancora più degradante quando noi stessi siamo complici di quell'atto pornografico.
Se mi sorprendessi a ricordare le suite per violoncello di Bach... magari... ma gli spot della TV no, cazzo!

E questo è un mistero. Perché lo facevo?
Di preciso non l'ho capito, magari era un modo per non stare a sentire qualche stato d'animo.
Non importa: ho smesso. Trovo che sia molto più importante ascoltare me stesso, i miei pensieri e le mie sensazioni, piuttosto che suonarmi in testa qualche musichina idiota. E se c'è musica, dentro la mia testa, non penso altro che quella musica.

Mi interrompe il dialogo interiore: ecco perché io decido di interrompere lei.
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pber
Inviato il: Lunedì, 09-Dic-2019, 21:29
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Come si fa ad uscire dal narcisismo?
Non lo so. A me è successo quasi per caso e poi il mio disturbo, forse, non era così radicato.
Certo: era sufficiente a castrarmi del tutto, nel lavoro, nelle relazioni, nella realizzazione di me stesso.

Un giorno mi arriva un SMS di Omar: sono in Italia, sarei felice di vederti venerdì prossimo.
Ero felice si dentirlo? Mica tanto: rivedere i vecchi amici ogni due o tre anni non mi rendeva felice, mi faceva soffrire.
Però calcolai che non era da amico non farmi vedere. Così mi sono ritrovato a mangiare la pizza con altre tre persone che, da ragazzo, avevo amato tantissimo.
Soffrivo, ma molto più di quanto avrei potuto immaginare.
Alla fine gli ho rovinato la serata, ma non era questo il problema (in fin dei conti non avevo fatto scenate, ero stato solo molto, molto pesante).
Poi non li sentii più.
Però non smettevo di soffrire.
Presi a scrivere. Scrivevo messaggi email che non spedivo. Richieste di aiuto, memorie, invettive, dichiarazioni d'amore. Scrivevo e cancellavo.
Quel delirio durò due settimane, poi finalmente mi calmai e smisi di soffrire.

Presi a frequentare un social network. Mi divertiva chiacchierare con le persone.
Dopo qualche giorno mi incazzai furiosamente con una persona, per via di qualcosa che aveva scritto. La cosa finì in poche battute, senza nessun seguito.
Però io continuavo ad essere furibondo contro quell'estraneo.

Qualcosa mi scattò dentro la testa.
Mi rendevo conto che stavo soffrendo (a causa di una stupidaggine, di un estraneo) con la stessa identica intensità con cui avevo sofferto, un mese prima, a "causa" dei miei vecchi amici, ossia delle persone che più amavo.

Com'era possibile?

Più ragionavo su quei due episodi e più vedevo l'immensa distanza fra quelle due cose, eppure la mia reazione era la stessa reazione.

Potevo spiegare quest'incongruenza come avevo per 51 anni spiegato ogni incongruenza. E' colpa sua, è colpa loro, io sono a posto, sono loro che ... potevo, ma ero troppo stanco per continuare a fingere, inventare, immaginare, ragionare, ragionare, ragionare.
Non ne potevo più.

Fu così che mi arresi: quella cosa e mille, diecimila altre cose si spiegavano bene e facilmente: io ero sempre stato disturbato.

Dieci anni prima una psicologa mi aveva spiegato che io mostravo di avere tratti narcisistici. Ora potevo finalmente prendere per vera quell'opinione.

Cercai in rete, lessi molti articoli che parlavano di narcisismo e ci ritrovai dentro tutta la mia vita.

Per 48 ore vissi in uno stato di panico: avevo appena scoperto qualcosa che sospettavo da sempre, ma ora era proprio vero.
Avevo perso la mia guerra.
Non sarei mai riuscito, da solo, a venirne fuori. Avrei dovuto tornare a frequentare psicologi, raccontare loro la mia vita. Non avevo soldi e neppure voglia di farlo.
Ero spacciato.
Poi mi rassegnai anche a quel pensiero. Cos'era successo, in fin dei conti? Ora sapevo, ma le cose restavano tali e quali a prima. Che senso aveva essere terrorizzato?

Invece no, il senso ce l'aveva.
Me ne accorsi dopo un paio di settimane.
Avevo smesso di fingere con me stesso, mi ero arreso e mi accettavo per ciò che ero sempre stato e quel fatto era sufficiente a mettere in moto un processo spontaneo.

Un poco alla volta iniziai a svegliarmi con idee nuove in testa, nuovi modi di vedere le cose che riguardavano il mondo e la mia vita passata.
Capire il senso e il motivo della sofferenza che avevo vissuto mi faceva percepire il mondo in un modo nuovo, molto meno minaccioso e spaventoso di prima.

Era iniziato qualcosa di buono.
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pber
Inviato il: Venerdì, 17-Gen-2020, 19:31
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Guardare, ma non vedere.

E' la mia nuova scoperta: posso guardare, perché tengo gli occhi aperti, ma non è necessario che io veda. Non è necessario che io interpreti tutto ciò che vedo per ciò che è.
Posso camminare ed avvertire la presenza dell'altissimo pilone in acciaio, sopra il quale sono montati i fari che illuminano questo incrocio stradale, senza pensare ad esso, solo avvertendo la presenza di un oggetto molto alto.

Posso camminare e vedere il solito campo, dissodato e lasciato a riposare e vedere solo le geometrie composte dale zolle di terra, geometrie che cambiano al variare dell'angolo visuale che la mia testa determina.

Tutto ciò lo pensavo, sempre. Ora scopro che posso limitarmi ad accoglierlo, senza analisi, senza pensiero.

Nell'altro campo, al di là della strada, al centro si alza un palo elettrico. Scopro che posso vedere uno spazio con al centro una cosa.

Le ruminazioni mentali sono un concetto molto concreto, ma non esiste (in te) fino al momento in cui non comprendi che esse sono presenti in te in continuazione. Sono talmene continue che tu le scambi per te stesso. Ti identifichi con quelle pessime abitudini mentali prese da piccolo e alimentate per decine di anni.

In definitiva posso limitarmi a percepire, senza la necessità di pensare.
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