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> Schizoide Ed Evitante, ho trovato questo articolo molto interessante...forse un pò deprimente
Cloe_Mojo_Risin
Inviato il: Sabato, 08-Set-2007, 22:03
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"Possono parere simili ed invece sono diversi nel profondo.
Nel profondo dove c’è il desiderio e quindi la sofferenza.
Ma entrambi sono fatti di isolamento e chiusura – e, proprio perchè le similitudini sono solo apparenti, si tratta di due disturbi di personalità definiti in categorie separate.
Ciò che caratterizza queste patologie è la diffusione all’interno della personalità dell’individuo, il loro essere un modo pervarsivo di comportarsi e porsi che influenza l’esistenza tutta, ripetendosi in modo spesso inadeguato alle circostanze – tratti che non si modificano, non elastici al mutare delle situazioni, ma che persistono, quasi ottusi e senza dubbio inadeguati.
Per l’eterogeneità di questi disturbi, la classificazione è stata fatta creando tre classi che racchiudono le distinte ossature del disagio : disturbi legati a un modo di porsi bizzarro (schizoide, schizotipico, paranoide), disturbi che hanno a che vedere con la sfera emotiva (istrionico, narcisistico, antisociale e borderline) e disturbi connotati dall’ansia (evitante, ossessivo-compulsivo, dipendente).
Ecco dunque che l’affezione schizotipica e quella evitante sono in due categorizzazioni diversi.
Per il desiderio frustrato e la sofferenza che l’uno prova – e non l’altro.

Il disturbo schizoide di personalità : il distacco, l’emozione che non ha posto, l’affettività che si appiattisce.
Di fronte a una persona che ne soffre si può restare sorpresi dalla ‘freddezza’ che traspare, da un disinteresse costante verso ciò che umanamente, di solito, si ha e si cerca : l’altro, il contatto, la comunicazione, la relazione amicale, familiare piuttosto che sentimentale.
Quasi mancasse quella stereotipata scintilla di vita e voglia di essa, che ci fa riconoscere fra noi stessi, qualcosa che ci appare naturale.
Solo nell’incontro occasionale e superficiale può proporre un’immagine ‘normale’, ma un lieve approfondimento porta comunque alla luce l’inadeguatezza dell’interazione – anche a livello sessuale non vi è alcuna ricerca e questo sorprendere, poichè parliamo del modo più ancestrale e pressocchè necessario di avvicinamento.
Si cercano attività e occupazioni solitarie, la famiglia non è sentita e partecipata come di solito accade, il con-dividere è disturbante dei propri usuali ritmi di ‘quiete’ – il non tenere per nulla a far parte del mondo.
Questo modus operandi copre tra l’altro la gamma completa delle percezione e delle manifestazioni, non solo in termini positivi, ma anche negativi : non si riesce a esprimere rabbia o nulla d’altro, come se si fosse nascosti in un luogo lontano, un altrove che non risponde alle regole riconosciute (nemmeno le critiche o la disapprovazione smuovono la persona affetta da questo disturbo).
L’appartarsi perpetuo è un modo per alllontanarsi da una realtà che è intrusiva – totale anedonia (l’assenza di quella ricerca istintiva delle mille è più forme di piacere che inseguiamo per dare alla nostra vita dignità e sollievo).

Anche l’individuo affetto da disturbo evitante lo troverete probabilmente chiuso nella propria stanza, ma per altro motivo : il rifiuto.
Anelano con forza all’altro, a partecipare pienamente, ma non riescono – il timore di non essere accettati, la visione catastrofica di sè e del proprio valore, l’insopportabile idea di non essere adeguati (tutto questo paralizza totalmente).
Il coinvolgimento li fa letteralmente fuggire, con una disperata coda di depressione : si scappa da qualcosa che (si teme) mostrerà il proprio non essere all’altezza di, che esporrà alla derisione, a una pochezza presunta e che viene letta negli occhi degli altri.
La perenne vergogna che prova e la consapevolezza della propria prigione, accanto alla sofferenza dell’essere soli, fa di questo disturbo una gabbia estenuante in cui sopravvivere – si teme d’essere inferiori, ci si esclude, si è convinti di essere ‘diversi’, una diversità irrecuperabile.
Spesso questo tipo di personalità si riscontra in chi, da bambino e nell’ adolescenza, ha avuto intensi vissuti d’ansia – una sorta di continuum, uno sprofondare.

Volendo creare un’immagine, mentre nel disturbo schizoide non c’è il guardare fuori da una metaforica finestra, ma uno stare-in-sè-e-basta, nell’evitante si spia con desiderio e pena ciò che scorre al di là del vetro, con la convinzione di non poterlo raggiungere, di non avere le doti necessarie per far parte di quel fluire dinamico che è la vita.
E se nel primo caso la terapia è difficoltosa (come si guarisce da qualcosa che nemmeno si riconosce?), nel secondo caso gli ostacoli sono molti, ma si hanno per le meno dei risultati positivi se coltivati nel lungo termine, magari all’interno di una terapia cognitivo-comportamentale.
Se non si riuscirà magari a correre all’esterno a unirsi alla folla che avanza, almeno si riuscirà ad aprire la finestra e sporgersi, per chiaccherare con qualcuno che magari attende, proprio lì fuori – metaforicamente e non.
E potrebbe essere solo un inizio. "

www.mentesociale.it

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